Quante volte ti sarai trovato a leggere di tematiche relative ai licenziamenti o avrai vissuto esperienze simili? Probabilmente la risposta è SI almeno una volta.
Conosciamo molto bene cosa voglia dire la parola licenziamento, ma ad oggi si parla anche di “quiet firing” ossia, letteralmente, il “licenziamento silenzioso”.
Questo è l’argomento che vogliamo condividerti per affrontare un tema che, ad oggi in Italia, è molto sentito e di cui tutti parlano.
Nel mondo degli affari, i licenziamenti sono naturali quanto le assunzioni. Dopotutto, sono uno strumento aziendale per risolvere il rapporto contrattuale con un dipendente.
Per vari motivi infatti, il licenziamento interviene laddove il dipendente non soddisfa più le aspettative dell’azienda oppure il medesimo non può più rispondere in modo soddisfacente alle esigenze dell’azienda.
I contesti in cui un dipendente può essere licenziato sono molto diversi poiché le cause di un licenziamento, le interpretazioni su cui si basano o il grado di efficacia di tale provvedimento possono assumere molteplici forme.
Il fenomeno del quiet firing diverge da un secondo concetto che, ad oggi, è al centro del dibattito, ossia il quiet quitting.
Mentre in quest’ultimo caso ci riferiamo al porre limiti per migliorare l’equilibrio da tra vita personale e il lavoro, con il termine quiet firing indichiamo un fenomeno che coinvolge manager e dirigenti i quali, mettendo in pratica un certo tipo di comportamenti, spingono dipendenti e collaboratori ad abbandonare il proprio lavoro.
Al centro del dibattito oggi vi è soprattutto la consapevolezza che questo tipo di fenomeno può portare conseguenze negative per l’azienda, oltre che per il singolo lavoratore. Ossia:
- Cattiva reputazione
- Scarsa fiducia all’interno dei team di lavoro
- Scarsa capacità di soddisfare le esigenze dei clienti dell’azienda in quanto i dipendenti chiave e più performanti se ne vanno
Entriamo più nel dettaglio..
Cosa vuol dire nel profondo quiet firing?
Il quiet firing non avviene, come abbiamo detto, a seguito della decisione “ufficiale” da parte dell’azienda di licenziare i suoi dipendenti ma si conclude con le dimissioni spontanee da parte di questi ultimi.
Potremmo quindi definire questo fenomeno anche come una sorta di “licenziamento indiretto” e porta a impedire, con vari mezzi, lo sviluppo professionale del dipendente annullando ogni possibilità che la sua esperienza all’interno dell’azienda possa essere soddisfacente.
Il quiet firing, nei suoi casi più estremi, può portare anche a forme di mobbing o molestia sul lavoro.
Parliamo quindi di un fenomeno che consiste nel “licenziare” il lavoratore de facto (anche se non sempre de jure) e aspettare che sia lui stesso a lasciare l’azienda. In questo modo la stessa eviterà di affrontare i costi relativi al licenziamento per singolo lavoratore.
Ma siamo davvero sicuri che l’azienda riesca a risparmiare e rimanere così in una posizione di vantaggio?
Se da una parte il datore di lavoro può effettivamente avere dei vantaggi economici immediati occorre considerare anche il danno causato dal non investire sul talento di quel dipendente che porterà a molteplici fattori, incluso l’assenza di un legame (e quindi del senso di appartenenza) con l’azienda.
Segnali di un quiet firing
Affinchè si parli di quiet firing è necessario che si manifestino una serie di “segnali”, vediamoli insieme.
1. Segnali silenziosi e non palesi
Questo tipo di segnale rappresenta il caso meno grave, cioè quello con le minori conseguenze psicologiche ed economiche sia per il lavoratore che per l’azienda.
Il messaggio che l’azienda lancia al dipendente è: “Ti abbiamo licenziato in silenzio”, oppure “Ti abbiamo licenziato in silenzio ma non in modo molto esplicito o aggressivo, aspettiamo che tu vada via”.
In questi casi, il rapporto di lavoro è più o meno positivo, e ci possono essere anche certe aspettative o possibilità di crescita professionale.
Tuttavia, tali prospettive:
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- Possono non realizzarsi mai
- Si realizzano solo a metà
- Si realizzano molto lentamente o non come desidera il dipendente
Vi è quindi un quiet firing nella misura di un messaggio (più o meno esplicito) di non volersi prendere cura professionalmente e umanamente del dipendente.
Tuttavia, rispetto a tali segnali, è difficile per il dipendente provare o argomentare o addirittura essere sicuro che questa situazione si stia verificando.
2. Segnali aggressivi e palesi
Questo è il caso di un rapporto di lavoro deteriorato, con poco o nessun margine di miglioramento. In questa situazione le condizioni di lavoro sono stagnanti e negative, ed è esplicito il disinteresse dell’azienda per lo sviluppo professionale del dipendente.
Di conseguenza, non solo mancano gli investimenti nel talento dei dipendenti, ma le loro prestazioni diventano minime, in quanto non dispongono del supporto necessario. Questo è il caso che citavamo prima di eventuale “molestia” o mobbing sul lavoro!
In questa fase il dipendente è privo di incentivi per svolgere il proprio lavoro, la motivazione diminuisce drasticamente e il rischio di soffrire di problemi legati alla lo stress, il burnout o la depressione aumentano se la situazione si prolunga nel tempo o se diventa molto ostile il comportamento da parte dell’azienda.
Il quiet firing è segnale di come i manager non riescano a fornire adeguatamente il giusto supporto e sviluppo della carriera a un dipendente, il che si traduce nella volontà da parte del dipendente di abbandonare l’azienda.
Quali sono gli errori che commette l’azienda e che portano a questo fenomeno?
Caso n.1: I manager non discutono sistematicamente dei progressi relativi a come i loro collaboratori raggiungono gli obiettivi e non forniscono feedback sulle loro prestazioni.
Quando i dipendenti ricevono un feedback significativo e di valore hanno la possibilità di capire come migliorare le loro performance e si sentiranno anche maggiormente valorizzati e rispettati.
Cosa devi sapere:
Le persone hanno bisogno di sapere cosa ci si aspetta da loro al lavoro e come stanno progredendo.
Stabilire regolarmente gli obiettivi giusti, adattarli secondo necessità e raggiungere i risultati desiderati è il fondamento di un’efficace strategia di gestione delle performance. Senza questa strategia, i dipendenti perdono rapidamente la capacità di concentrare (e massimizzare) i propri sforzi.
Inoltre, quando i manager non riescono ad avere conversazioni frequenti e significative sui progressi dei loro collaboratori, questi ultimi non capiscono se stanno facendo bene il loro lavoro oppure no.
Per cui è importante:
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- creare occasioni di condivisione per celebrare i successi
- fissare le priorità aziendali e/o esigenze specifiche comunicandole adeguatamente ai collaboratori
- fornire il supporto necessario per aiutare i dipendenti ad avere successo
Cosa fare per migliorare la situazione
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- Porre le basi per un rapporto comunicativo positivo
Devi sapere che… I dipendenti che hanno almeno una conversazione/confronto significativo ogni settimana con il proprio manager hanno quasi quattro volte in più di probabilità di sentirsi coinvolti sul lavoro e maturare senso di appartenenza.
Non tutte le conversazioni con i collaboratori devono riguardare gli obiettivi di prestazione. Il solo parlare con i membri del team delle loro priorità attuali e fornire un “coaching” continuo crea ottime condizioni per un dialogo positivo e un clima di collaborazione più sereno.
Durante queste conversazioni, se rivesti un ruolo gestionale o manageriale, prova ad aiutare i dipendenti a creare obiettivi chiari e assicurati che capiscano che li supporterai pienamente nel raggiungimento di questi obiettivi. Ad esempio, mostra il tuo interesse assicurandoti che dispongano delle risorse e delle collaborazioni adeguate per raggiungere i loro obiettivi di breve termine.
Questo è anche un ottimo momento per aiutarli a pensare a come usare i loro punti di forza per fare il loro lavoro nel modo migliore possibile.
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- Creare una responsabilità condivisa
Coinvolgi attivamente i dipendenti nella definizione dei loro obiettivi?
Gli obiettivi sono percepiti in modo più significativo quando coinvolgi i dipendenti nella loro definizione.
Questo perché quando i dipendenti sentono di avere voce in capitolo sui propri obiettivi, è più probabile che si impegnino per raggiungerli.
E se i collaboratori sanno di essere coinvolti anche nei processi decisionali dell’azienda questi ultimi saranno stimolati a dare il meglio di sé fissando obiettivi ancora più impegnativi da raggiungere rispetto a quelli fissati inizialmente dai loro manager.
Caso n. 2: I manager limitano lo sviluppo dei loro collaboratori
Ad oggi i temi legati all’equilibrio vita-lavoro e al benessere (percepito e vissuto) dal dipendente all’interno dell’azienda in cui lavora rivestono un ruolo fondamentale.
Questo perché il concetto di lavoro sta cambiando.
Se poi consideriamo le nuove generazioni e le loro altrettanto “nuove” priorità professionali il discorso si fa sempre più ampio: i lavoratori più giovani cercano aziende in cui sentirsi parte di un progetto e con cui condividere una visione.
Dunque il modo in cui il dipendente si sente riguardo al suo sviluppo professionale e al suo futuro in un’azienda influenza notevolmente la sua probabilità di restare all’interno della stessa azienda.
Qual è allora la vera criticità?
I dipendenti spesso si aspettano che i manager forniscano una sorta di “road map” dettagliata per la loro carriera, mentre i manager si aspettano che i dipendenti dicano loro esattamente cosa vogliono fare in futuro.
Diventa ancora più complicato poi se pensiamo a quando si cerca di allineare le capacità e le esperienze dei dipendenti con le potenziali opportunità a loro disposizione.
Cosa fare per migliorare la situazione
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- Chiara visione di mansioni, ruoli e percorsi
Ogni dipendente ha un piano di sviluppo personalizzato e un percorso di carriera chiaro? E quest’ ultimo, conosce perfettamente le sue mansioni, responsabilità e aspettative relative?
Tutti i dipendenti, per massimizzare le loro performance e lavorare bene, hanno bisogno di un piano di carriera teso allo sviluppo e alla crescita del loro profilo. Un piano che includa anche una descrizione e visione chiara circa le mansioni e responsabilità legate al ruolo.
Questo fornirà a entrambe le parti, azienda e dipendente, una chiara visione sulle prospettive di carriera del collaboratore.
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- Supporto continuo e costante
Se sei un manager saprai perfettamente che il supporto ai tuoi collaboratori è fondamentale per raggiungere tutti gli obiettivi aziendali.
I collaboratori, anche quelli più efficienti, cercano un supporto operativo e strategico da parte dei loro Responsabili i quali solo in questo modo possono dimostrare fattivamente interesse e rispetto verso i propri dipendenti.
Caso n. 3: I manager non danno abbastanza riconoscimenti e premi al singolo dipendente
Molte aziende si affidano spesso a cerimonie ed eventi “istituzionali” per premiare i loro collaboratori, tali riconoscimenti avvengono di solito su base annuale o trimestrale.
Ma, sebbene questi eventi possano essere importanti per creare una cultura aziendale fondata sulla valorizzazione del lavoro, non sono la migliore motivazione “psicologica” per spingere il dipendente a svolgere ottime prestazioni quotidiane.
Cosa fare per migliorare la situazione
In che modo i membri del tuo team amano ricevere riconoscimenti?
Il riconoscimento più potente è tempestivo, specifico e autentico.
Gran parte di questi riconoscimenti che dai ai dipendenti possono verificarsi durante:
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- conversazioni settimanali informali
- comunicazioni più formali (es. tramite una riunione oppure email)
Quello che ti consigliamo è di non sottovalutare il valore (e gli effetti positivi) del riconoscere e apprezzare le performance e/o traguardi raggiunti dei dipendenti.
Grazie alla nostra esperienza più che decennale a contatto con moltissime aziende, possiamo affermare che uno degli strumenti migliori per favorire la valorizzazione dei dipendenti è la riunione del proprio team.
Questo per due ragioni:
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- il manager può palesare, davanti anche agli altri collaboratori, quello che ha apprezzato del dipendente
- i collaboratori possono favorire e incentivare un clima positivo valorizzando e riconoscendo a loro volta le qualità e gli obiettivi raggiunti dal loro collega
Cosa succede a questo punto?
Se nonostante il contributo positivo del manager, mediante le scelte e gli approcci menzionati prima, i dipendenti continuano a non soddisfare le aspettative dell’azienda e viceversa potrebbe essere arrivato il momento di chiudere il rapporto lavorativo.
Questo perché il ruolo del manager è in primis quello di fare ciò che è meglio per il proprio team di lavoro: trattenere infatti dipendenti che hanno scarse performance o scarsa motivazione vuol dire contaminare le performance anche dei migliori collaboratori.
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